Settembre 2023: radioterapia e ricerca del mio ikigai

È difficile riversare in parole il vissuto dei mesi estivi appena trascorsi e di questo mese di settembre. Gli eventi correlati al ritorno della malattia mi hanno travolto ancora una volta e, nonostante io sia abituata a gestire le “emergenze” del cancro, sono rimasta senza parole e senza energie come mai prima d’ora.

Non so il motivo e credo che sia inutile cercarlo, posso solo esprimere quello che sento e che penso. Quando è iniziato il 2023 ero ossessionata dall’idea di cambiare qualcosa nella mia vita, mi ero incaponita la testa e volevo creare ricordi degni di nota di quest’anno. Ricordi che non fossero legati alla malattia o alle cure perché ho il timore di non lasciare nulla di me in questo mondo che sia di valore. Non ho trasmesso mai una gioia, un’emozione correlata ad un bel ricordo, che soddisfazione può avere di me un genitore, un parente, una compagno? Ero ossessionata da queste domande e lo sono ancora. Sono stata spinta dal fatto di avere compiuto 39 anni e dai 12 anni di malattia alle spalle. Mi sono svegliata da un lungo sonno e mi sono resa conto di avere vissuto sempre in funzione della malattia nonostante mi fossi imposta di fare l’opposto.

Ammettiamolo: è difficile non farsi prendere dalla malattia e dalle cure perché curarsi è un vero e proprio lavoro a tempo pieno. Ho cercato di sopravvivere, scusate se è poco! Ho tentato di fare combaciare tanti aspetti della vita senza perdere me stessa, senza snaturarmi. È stato complicato, arduo, irto di ostacoli, tormentato, è stato doloroso, ma ho fatto del mio meglio.

Avrei voluto essere più figa, più forte, più coraggiosa, più furba, più diligente, più intelligente, efficiente in ogni aspetto della vita invece sono stata semplicemente me con tutti i difetti che mi porto appresso. Ultimamente, poi, non sono stata nemmeno in grado di mettere insieme una cena decente! Come vedete annaspo nell’autocommiserazione, consapevole che non porterà nessun frutto, consapevole che uscire da questa impasse dipenderà solo da me. Mi vergogno di scrivere tutto ciò, ma è la verità.

Ho trascorso mesi a riflettere, a soffrire, a chiedermi cosa fare. Avrei voluto mollare tutto e ricominciare una nuova vita in un posto diverso, magari al mare, ma ho dovuto fare i conti con la realtà, con la volontà di chi condivide la vita con me e non lascerei per nulla al mondo, con i disagi economici, con le cure da portare avanti. Partire e mollare tutto fa figo, ma non è sempre praticabile. Non sono pessimista, sono semplicemente realista, questo non significa che io non abbia sogni, desideri, passioni e non guardi al futuro con speranza. Ai vostri occhi sarò meno interessante, ma forse anche più umana.

Nel frattempo ho cambiato le cose che potevo cambiare, decisa ad inseguire dei piccoli obiettivi personali, erano le uniche cose che avrei potuto cambiare in quel momento ed ho attinto a tutta la determinazione a alla forza che avevo dentro, ma dopo poco ho scoperto un nuovo, grande nodulo sotto l’ascella e la Pet-Tac ha individuato un altro nodulo a livello toracico.

Altra fermata forzata nella corsa della vita!

I medici mi hanno posto di fronte a due opzioni: un intervento di chirurgia toracica o la radioterapia per debellare il nodulo toracico. Quello ascellare invece è stato asportato chirurgicamente. Come ho già scritto in un altro articolo i rischi dell’intervento toracico erano troppo alti ed inoltre avevo valutato attentamente lo stato di malessere del mio corpo ed avevo ritenuto opportuno evitare l’intervento a favore invece della radioterapia.

L’ho iniziata il 22 agosto, il giorno dopo essere atterrata all’aeroporto di Venezia da Palma di Maiorca. La breve ed intensa escursione dell’isola di Maiorca è stata la parentesi più bella dell’estate e la migliore pausa dalle cure che potessi fare. Vi racconterò anche di quest’isola meravigliosa perché sento ancora il profumo del mare, il calore del sole sulla pelle, gli occhi sono ancora pieni di immagini colorate dei tramonti che non mi sono mai fatta scappare.

Finirò le sessioni di radioterapia a fine settembre. Nel frattempo ho iniziato due nuove terapie: Fulvestrant e Abemaciclib, in aggiunta alle infusioni di Trastuzumab ogni tre settimane.

Fulvestrant consiste in un liquido denso da iniettare sui glutei mentre Abemaciclib si somministra in pastiglie, due da 150 mg due volte al giorno. Ero felice perché mi sarei aspettata la chemio in vena ed ho gioito quando mi hanno proposto queste terapie.

Purtroppo il mio corpo non sta reagendo bene perché le pastiglie mi creano un’astenia mai provata in via mia, nausea, vomito, crampi addominali. Mi sento, e sono, uno straccio! Mi sembra di avere una scimmia aggrappata alle spalle e anche stare dritta con la schiena è difficile e doloroso.

Faccio fatica ad accettare questa situazione ed a tratti ho perso anche le speranze, ho lasciato chissà dove la gioia di vivere, mi è stata tolta con le energie che ho sempre riservato alla resistenza per non perdere me stessa, i miei ideali, i miei amori, le mie passioni. Il dolore fisico mi ha prosciugato di ogni traccia vitale. Ritrovarmi non è facile, ma già essere qua, davanti alla tastiera del pc a scrivere è un importante segnale di recupero. Ero una larva, un’ameba che si spostava dal letto al divano, che non mangiava più, non parlava più, che leggeva poco e con scarsi risultati, che si lasciava vivere e non provava più nulla di seducente, che piangeva inconsolabile in macchina, da sola, o chiusa in bagno.

Non è così usuale stare tanto male per quel farmaco, non ero stata così nemmeno per la chemio rossa, l’epirubicina. Non so darmi spiegazioni, ho resistito, stretto pugni e denti, aspettato che il mio corpo si abituasse al farmaco, ma stavo sempre peggio.

Ora sono in sospensione, ma presto dovrò ricominciare a dosi ridotte, giuro che mi impegnerò e che farò tutto il possibile per resistere.

Ho prodotto fiumi di parole nella mia testa, ma l’unica cosa che ho provato davvero è il senso di impotenza mescolato alla rabbia per l’ennesimo schiaffo della vita. Una bella tazza fumante in cui sono mescolate insieme rabbia ed impotenza. Un ottimo prodotto della mia vita!

Ho perso di vista la prospettiva, il mio scopo, il mio senso, il mio ikigai, 生き甲斐, la mia “ragione di vita”.

Sto soffrendo perché la mia mente è contaminata da pensieri negativi, sento la solitudine, la precarietà inevitabile a cui mi sta conducendo questa malattia non scelta da me. 12 anni di malattia e terapie schiacciano la mia mente, il mio spirito ed il mio corpo.

In questo periodo le frasi delle persone hanno un grande peso dentro me, in molti mi dicono: “non ti chiamo per non disturbarti”, “non vorrai sentire nessuno”, “so come ti senti quindi non ti cerco”, “povera”, “hai mai pensato di andare da una psicologa per capire perché continui a farti venire il cancro?!, “devi risolvere i tuoi problemi perché il tumore nasce dalla mente”, “chi mangia bene non si ammala”, “chi pensa bene non si ammala”… praticamente mi hanno detto due cose:

1- sono sola e ci resterò perché loro non hanno intenzione di perdere tempo con me

2-la malattia è stata creata da me = è colpa mia

Avevo promesso a me stessa di non essere polemica, di non dare la minima importanza a parole dette da chi non sa minimamente cosa io stia passando perché semplicemente non c’è mai stato, non ha mai voluto un rapporto autentico con me, non si è mai chiesto davvero come coltivare la nostra relazione per arricchirci reciprocamente.

Nonostante io sia razionalmente consapevole del vuoto relazionale che c’è tra me e quelle persone mi sono sentita ferita e sono stata male.

Ho sofferto, non ho provato rabbia o senso di orgoglio, non ho reagito in modo permaloso, ho solo pianto e attribuito la colpa di tutto ciò a me stessa.

Ho sognato di comunicare una bella notizia alle persone, di vivere un’esperienza che per altri è scontata sulla soglia dei 40 anni. Non è un lamento, è un desiderio, un grido di dolore, la voglia di vivere e non boccheggiare per fare arrivare aria ai polmoni perché io ultimamente sto boccheggiando.

Ho percepito davvero una verità che non avevo mai voluto vedere: la malattia discrimina, le persone non vogliono avere a che fare con chi sta male, non vogliono guardare il dolore negli occhi, preferiscono sparare sentenze e giudizi, stare semplicemente lontani da te.

Alcune persone non fanno più parte della mia vita, quanto vorrei vivere ancora esperienze con loro, condividere, ma sento e so che non vogliono avere a che fare con me. Di notte, quando il sonno non arriva, penso a quelle persone che amo e stimo, per cui provo affetto sincero, ma so che questo non basta a farle riavvicinare. Perché?

Questa è la verità che porto dentro e l’unico motivo per cui scrivo è essere autentica, narrare, raccontare, andare fondo e non cercare consensi o offrire qualcosa di appetibile per i social.

Una sola cosa mi resta: l’autenticità della gioia e del dolore perché sono interconnessi.

Dopo avere sprigionato il male che provo per gli affetti di cui soffro la mancanza, facendomi mille esami di coscienza per capire cosa ho sbagliato, penso sempre all’amore e alla disponibilità delle persone vicine: la famiglia, il mio compagno, le mie poche ma valorosissime amiche. Un’amica è venuta dalla Toscana e mi ha accompagnato a fare la radioterapia. Ha due figli, un marito, un lavoro e non sta bene, ma c’è sempre, la sua voce risponde sempre alle mie chiamate! Ci sono stati giorni in cui non ero nemmeno in grado di guidare! Un’altra amica con la sua allegria e voglia di vivere ha rinunciato ad una giornata di lavoro e non solo mi ha accompagnato a fare la radio, ma mi ha anche preparato una cena buonissima e speciale.

Questi gesti per me sono indelebili e cancellano tutto il dolore, tutta la fatica, tutte le paure!

Da soli non siamo nessuno e posso dire di avere vicino persone autentiche! Questo conta!

Da soli non siamo nulla! Nulla!

Vi lascio con Maiorca ed uno dei suoi tramonti spettacolari!

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