Come vivere i pochi anni davanti convivendo con un tumore cronico?

Me lo chiedo spesso perché la verità è che vorrei vivere ogni attimo che la vita mi dona intensamente, ma al contempo devo anche scontrarmi coi limiti che la malattia, e le cure continue, impongono.

Questo è oggi il mio più grande problema, il motivo per cui a volte sono pensierosa e per cui mi sento persa.

Non avete idea della quantità di persone che ho avuto vicino quando la malattia venne a trovarmi per la prima volta, a 27 anni. Non avete idea di quanta pulizia abbia dovuto fare in questi 11 anni di cure ed interventi.

La verità è che la solitudine a volte non si percepisce facilmente, ma ti scava dentro giorno dopo giorno ed improvvisamente ti rendi conto di quanto speciali siano le amicizie ed i rapporti autentici. Sono speciali proprio perché sono rari.

Da poche settimane è scattato qualcosa in me che mi ha fatto dire: “basta!”.

Ho deciso che non cercherò più persone che non ricambiano mai, che non mi cercano mai, che non ci sono mai state.

Non mi interessa più vedere le persone alle feste due volte all’anno quando siamo tutti felici perché in preda ai piaceri dell’alcool. Più loro che io perché la malattia ed i farmaci mi hanno regalato anche una cosa strana chiamate “intolleranza all’alcool”.

Mi viene da ridere al pensiero di quanto sia diventata “sfigata”.

Mentre scrivo mi rendo anche conto di non vedere più bene da vicino. Sono invecchiata già ora, prima dei 40…

Spero solo che non sia il regalo di una nuova metastasi cerebrale.

Cosa farò? Come organizzerò la mia vita?

Non so rispondere, so solo che devo convivere con molte limitazioni fisiche e anche sociali.

Potrò mai fare una supplenza a scuola? Potrò inseguire i miei sogni alla mia età e con il fardello ingombrante di una malattia cronica?

Sono al settimo ciclo di Capecitabina, una chemio in pastiglie. A dire la verità in questi giorni non sto assumendo regolarmente le pastiglie. Ho buttato un po’ tutto all’aria perché sono stanca.

Tante persone mi dicono che non si fanno sentire perché non vogliono disturbare, perché non vogliono assillarmi chiedendomi come sto.

Siamo tutti ipocriti. La verità è che tutti noi siamo talmente presi da noi stessi che non conosciamo più il valore di un abbraccio, del silenzio da condividere insieme, del dolore attutito dal calore e dalla presenza dell’altro, delle risate spensierate con gli amici.

Ho fallito perché ho sempre gridato quanto i rapporti siano importanti, ma accanto a me ho solo la famiglia, un compagno ed un’amica.

Forse non è poco, forse aspiravo a molto di più incapace di vedere quanto fossero di valore le persone che mi circondano.

4 commenti

  1. Non ho la minima idea di cosa tu stia passando, per cui posso dirti solo ciò che mi viene dal cuore: in fatto di amicizie, ho sempre pensato ‘pochi, ma buoni’ e per quanto riguarda la terapia, non mollare Serena. Non mollare.

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  2. Penso alle tante persone che si sono “zittite” quando ero nel pieno delle terapie. Le ho semplicemente lasciate perdere, anche se comprendo che a volte sia difficile rapportarsi col dolore. Per noi è diverso lo attraversiamo, ma per quelle persone “amiche” che non mi hanno mai e dico mai mandato un sms con scritto “come sta?” perchè non occorre chiamare, il dolore fa paura. Fa paura rapportarsi con chi il dolore lo vive giorno dopo giorno. Le comprendo, queste persone, ma le ho escluse dalla mia vita
    Ps: anche io ti prego di riprendere la terapia!

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  3. Ciao Serena, sono una tua compagna di sventura…
    Capisco bene ciò che provi, ma ti prego, riprendi in mano la terapia…e’l’unica cosa giusta che possiamo fare…per noi stesse e per le poche persone che ci stanno vicine.
    Perfavore❤️
    Ti abbraccio
    Anna

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