Se potessi nascondere tutto sotto la terra

Giugno è stato un mese afoso e difficile, tutto mi sembrava in salita e non riuscivo a trovare le energie fisiche e mentali per affrontare le nuove terapie.

Ebbene sì: finalmente ho iniziato le terapie e c’è un percorso segnato nero su bianco da percorrere.

Ogni singolo organo del mio corpo è monitorato ed ho fiducia nei medici e nei confronti del Cro di Aviano in cui sono seguita.

La fiducia però non è mai cieca sottomissione, non è fede, ma un rapporto fatto di reciprocità, di comunicazione, di empatia e sincerità.

Non nego di avere dedicato molto tempo per chiedere secondi, terzi pareri ad altri specialisti, ma è proprio la fiducia che mi tiene legata ai medici che oramai mi seguono da tanti anni ad Aviano.

Ho rifiutato l’epirubicina, quella che noi pazienti chiamiamo “chemio rossa”, qualcuno ironicamente la chiama anche “spritz”. Non ero convinta nemmeno dell’altra opzione: 12 cicli settimanali di taxolo, quella che viene chiamata “chemio bianca”.

Non riporterò qua le ragioni della mia decisione perché ogni percorso è diverso. Io ho dovuto fare i conti con alcune comorbidità e con un corpo perennemente vessato dalle terapie; negli ultimi tre anni non ho mai smesso di assumere dei farmaci e di recarmi in ospedale per delle terapie “salvavita”. Le chiamano così, ma io solo raramente mi rendo conto della mia situazione. La mia quotidianità non è scandita dal pensiero ossessivo della malattia e delle cure.

Santa spensieratezza!

Alla fine sto assumendo un chemioterapia in pastiglie che si chiama Capecitabina. Il dosaggio varia in base al peso del paziente, io dovrei assumere 6 compresse al giorno, ma al momento ne sto assumendo 4 perché i miei globuli bianchi arrancano.

Non ho più scritto perché non avevo parole, o forse avevo paura di scrivere, di vedere sullo schermo la mia vita ridotta a poche frasi che descrivono la mia situazione medica.

Spesso ho sentito dire: “tu non sei la tua malattia!”.

Anche molti pazienti urlano a squarciagola: “io non sono la mia malattia!”

Questa frase mi trasmette forza, ma ammetto di non sentirla aderire perfettamente alla mia persona, al mio carattere, alla mia esperienza.

Come ho scritto spesso:

“io non sono la mia malattia, ma la mia malattia è sempre con me.”

In ogni singolo istante della mia vita penso a come sarei, a che persona sarei, a dove sarei, se non mi fossi ammalata. Questo però non significa pensare alla malattia, ma alle possibilità che la vita mi avrebbe dato ed è anche un modo per cercare le opportunità di vivere bene che ho oggi, ora, nonostante tutto.Non si può cambiare la realtà, ma è umano, è sincero e non serve chissà quale analisi introspettiva per chiedersi come sarebbe la vita senza il cancro.

Un grande pericolo però è quello di rinchiudersi, di sentirsi vittime, come se le difficoltà e la sofferenza facessero parte solo della propria vita e non di quella di ogni singolo essere vivente.

A volte temo di rifugiarmi dietro la malattia, dietro la scusa del cancro, per impedirmi di vivere e di rischiare, per non fare determinate scelte, per risparmiarmi certe fatiche.

Trovare un equilibrio è difficile ed io ancora non ci sono riuscita.

A volte vorrei gridare a tutti di lasciarmi stare, vorrei dire che la smettano di darmi consigli non richiesti, che si tolgano dalla faccia quell’espressione falsamente dispiaciuta; girato l’angolo loro tornano sempre alle loro vite ed io resto coi miei pensieri, la mie paure, le lacrime che oramai non ci sono più e lo schifo che i farmaci ti lasciano sulla pelle, nello stomaco, le tempie che pulsano ed il corpo che si ribella.

Queste frasi sono egoiste, ma…

alla fine resti tu, solo tu.

Qualcuno ti ama ed è un tesoro prezioso in mezzo a tanta merda, qualcun altro ti odia, ad altri sei indifferente, come un guscio vuoto.

Questa però è la vita e quando siamo nati abbiamo preso il pacchetto completo, tutti, nessuno escluso.

Nessuno è esente.

L’unica cosa che mi resta, che ci resta, è, come scrivevo poche righe più sù, vivere bene il presente.

Nonostante tutto sono felice del mio “oggi” perché forse sto imparando ad equilibrare le necessità fisiche con quelle mentali. Sto facendo esperienze, ma senza esagerare e fare brutti scherzi al corpo.

Sto facendo una cosa che ho sempre odiato ossia dormire un’ora, anche due, di pomeriggio.

Le notti estive sono difficile e turbolente e chissà perché gli effetti collaterali dei farmaci arrivano sempre quando fuori è buio pesto, oppure quando lentamente il sole si affaccia timidamente salutando un nuovo giorno.

I palmi delle mie mani sono rossi e bruciano, sembra che le abbia tenute troppo vicino al fuoco. Sapevo che sarebbe potuto capitare, ma almeno ho ancora i miei capelli.

La questione capelli non è mai semplice da affrontare. Io li ho persi per le prime chemio, poi per la radioterapia e poi ancora per altre chemio. Questa volta finalmente erano ricresciuti e provavo rabbia all’idea di perderti ancora, inoltre ero timorosa di non vederli più ricrescere perché vessati dai farmaci.

Alla fine questa nuova terapia pur essendo una chemioterapia a tutti gli effetti non provoca la caduta dei capelli, se non in casi molto sporadici. Mentalmente sono più serena perché sto odiando meno gli specchi e le vetrine dei negozi in cui comunque non entro mai.

Mi sono emozionata per la musica durante due concerti e per le persone speciali che avevo al mio fianco. Riuscirò ad andare in Puglia e rivedrò quel mare che tanto ho amato. Tutto questo è già un grande regalo.

Al mio rientro, mi aspetta una risonanza cerebrale molto importante e determinante per decidere se fare ancora radioterapia. Inutile che io scriva quanto delicata sia la radioterapia all’encefalo.

Quello che conta è riuscire a sorridere oggi, e conservare i ricordi dentro di me, le esperienze arricchenti, le persone speciali, l’amore verso la vita, verso i miei nipoti ignari ancora di quanto l’esistenza ci metta alla prova.

Questo articolo voleva essere un inno all’equilibrio, spesso poco considerato perché cerchiamo sempre esperienze forti, estreme.

Non sono riuscita nel mio intento, non riesco davvero a tramettere quanto sia importante e fondamentale creare un equilibrio tra mente e corpo, tra luce e buio. A volte qualcuno mi chiede come faccia ad essere sempre allegra, ma la verità è che di notte le mie angosce ed i miei fantasmi emergono. Se così non fosse sarei un robot, un AI, un “agente artificiale”.

Siamo umani per fortuna e lo sono anche io.

L’equilibrio è per natura fragile, ma è nella fragilità che scoviamo l’incanto della vita.

Alla faccia dei ricordi: la foto è una memoria della spiaggia più bella in cui sia mai stata!

N.b: se qualcuno potesse segnalarmi refusi ed errori sarei davvero felice. Ho scritto non di getto, di super getto!!! Scrivo solo così!

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