Mini intervento o ennesimo intervento? Dipende dai punti di vista

Anche questo intervento è stato fatto. Mi hanno asportato tre noduli ascellari che sentivo crescere sempre più tra l’ascella sinistra ed il pettorale.

Sono stata sottoposta all’intervento in day hospital mercoledì 23 marzo, due giorni prima del mio trentottesimo compleanno.

Mi hanno sedato (sedazione profonda) e fatto l’anestesia locale. Un intervento semplice e sopportabile. Non potevo chiedere di meglio. Come sempre al Cro di Aviano sono tutti gentili, professionali, disponibili ed affabili; quando parlo coi medici provo stima verso di loro e non percepisco un atteggiamento paternalistico, ma un rapporto di scambio, una relazione medico-paziente basata sull’informazione, su di me e sui miei bisogni.

Tutto ciò non è affatto scontato. Molte volte in questi undici anni ho dovuto fare mille domande per avere un’adeguata informazione e nonostante ciò non sono stata adeguatamente informata.

È andato tutto bene, ma mi sento terribilmente stanca. Sto cercando di essere allegra, di non abbattermi, mi sforzo di camminare, uscire all’aperto, di leggere, insomma di fare più cose possibili, ma non funziona. Finisco sempre seduta, stremata.

Forse l’arrivo della primavera sta complicando la mia ripresa fisica.

Vorrei scrivere tante cose, ma il mio fisico non sta al passo con la mia mente. Appena leggo qualche pagina in più inizio ad avere le tempie che pulsano e la cicatrice in testa mi ricorda che c’è anche lei, che è reale.

Vorrei approfittare di questo periodo di convalescenza per sistemare alcune cose a casa, scartare gli abiti che non uso più, pulire gli armadi, portare il gatto dal veterinario, piantare i fiori sui vasi vuoti e desolati del mio terrazzo, leggere, studiare perché sono certa che la cultura e la conoscenza siano una componente fondamentale della nostra vita, ma nonostante le buone intenzioni non ce la faccio. Tutto ciò mi provoca una grande rabbia perché non voglio perdere tempo.

Il tempo è così prezioso ed è fondamentale non sprecarlo come esortava Seneca, che circa 50 anni dopo la nascita di Cristo scrisse:

“Ci lamentiamo spesso perché non abbiamo il tempo di vivere, e invece quel tempo ce l’abbiamo ed è anche più di quanto ci serva. Solo che trattiamo questa risorsa, la più importante a nostra disposizione, come se ne avessimo una quantità infinita, mentre invece è finita e non conosciamo la quantità che ce ne è data.”

De Brevitate Vitae, Lucio Anneo Seneca

Domani trascorrerò il mio tempo per andare a fare la medicazione, ma non so se mi toglieranno i punti.

La ferita non mi fa male, non eccessivamente. Se potessi scacciare la stanchezza del corpo, il fiatone, le parole che non escono perché non ho energie, allora starei davvero bene.

Inutile scrivere che venerdì 25 marzo, quando ho compiuto 38 anni, ero triste: impossibile non fare bilanci e non essere consapevoli che la malattia si è presa prepotentemente questi ultimi undici anni. Ho sempre più la sensazione di essere un peso, una preoccupazione per i pochi affetti vicini. È vero: ho vissuto dignitosamente, sono autonoma, ho fatto anche qualche viaggetto, ma la vita dovrebbe essere fatta di progetti, di piccoli sogni da costruire, di incontri, di condivisioni, di luoghi inesplorati, di esperienze. Mi sembra di non riuscire a vivere abbastanza intensamente e di non dare abbastanza, di non fare abbastanza. Effettivamente in una società in cui contano soprattutto i soldi, i beni materiali, in cui conta quanto fai, quanto brava sei, quante competenze hai, è difficile per una donna come me sentirsi utile.

Mi è mancata molto la “vita”, soprattutto dopo l’intervento all’encefalo di tre anni fa, tutto si è fermato, bloccato ed io non sono più la stessa. A volte mi sembra di spegnermi pian piano. Non è quello che voglio perché ancora lotto e lotterò per vivere il meglio possibile ed il più a lungo possibile, ma so che questa malattia, nel mio caso, non è una parentesi, fa parte della mia vita, è sempre con me. Non posso ignorarla nonostante faccia di tutto per non pensare a lei.

Undici anni fa pensavo che mi sarei ripresa tutto il tempo perso, che avrei costruito, progettato, vissuto intensamente, viaggiato, che avrei riso, ballato, che sarei stata piena di energie ancora, ma non è accaduto. La malattia ha bussato costantemente alla mia porta ed ha infranto il mio sogno di essere altro, di fare altro. La realtà mi ha imposto dei paletti, dei limiti e con essi devo sempre fare i conti, ogni giorno.

Si vive lo stesso, è vero, ma una malattia metastatica, una malattia cronica, non è una parentesi. Non lascia solo cicatrici, ma ne crea sempre di nuove.

Tutto ciò non significa che io non cerchi di vivere pienamente con quello che la vita mi offre, non vuol dire che io non sia serena nonostante tutto, o che io non mi senta forte e determinata, ma significa che ho dei grossi limiti con cui fare i conti. Questa è la realtà e non voglio fingere che sia diversa, non voglio mostrarmi sorridente e scrivere belle frasi in cui non credo.

Voglio restare me, vorrei che tutti avessimo uno spazio in cui essere semplicemente noi stessi, con tutti i limiti, i difetti, le imperfezioni, con tutte le debolezze e fragilità. Altrimenti aspirare alla felicità sarebbe solo un’altra bugia che raccontiamo a noi stessi.

Mi piacerebbe scrivere ancora e poi ancora, ma ho fatto davvero fatica ad arrivare fino a qua.

Spero che le energie me lo consentano i prossimi giorni.

Viva la vida!

10 commenti

  1. Grazie per le tue parole! Arrivano dritte al cuore in un momento particolarmente difficile in cui devo prendere una decisione importante. Credo che tirare fuori quello che ho dentro e scriverlo sia tutto ciò che mi resta, tutto ciò che mi conferisce dignità come persona, come donna. Certi eventi della vita ci costringono a riflettere sul senso di ciò che siamo e di ciò che ci circonda. È inevitabile. È doloroso a volte, ma è autentico. Un abbraccio forte anche se virtuale

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  2. Ciao Serena, torno a leggerti, dopo tanto tempo, ma sempre con grande coinvolgimento. Ogni tuo articolo trasmette emozioni e pensieri profondi, che toccano mente e cuore. La tua citazione di Seneca, poi, dovrei stamparla e tenerla sempre a vista… mi ha fatto riflettere parecchio, come del resto tutto il tuo blog. Un grande e sincero in bocca al lupo per tutto ed a presto.

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  3. Grazie per la tua riflessone, è molto utile per me. Io non riesco a guardarmi dall’esterno. A volte temo di essere troppo diretta e razionale, altre volte ho paura di abbattere le altre persone nella mia situazione, altre ancora vorrei solo gridare: “basta!” e chiedere un po’ di pace a questa vita. Comunque alla fine ci si rialza sempre, in qualche modo si reagisce. Io ricordo che quando finii in terapia intensiva, tre anni fa, avevo tanto dolore ed ero sedata, ma volevo alzarmi ed usavo tutte le mie forze per tirarmi sù, solo che avevo mille tubicini ed aghi nel corpo 😂😂😂. La vita ci chiama sempre a sé!
    Un forte abbraccio sincero

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  4. Leggerti è sempre emozionante perché non nascondi niente.Ogni ostacolo che ti trovi di fronte è descritto come un inciampo affrontabile, non ti perdi nella convenzione di rassicurare chi legge e per me questa è la tua forza. Immagino però che abbia un costo questa forza e forse per questo ti senti stanca. Penso che l’amore per la vita ti continuerà a sostenere,forse ti lascerà un attimo a leccarti le ferite, ma poi ti travolgerá ancora una volta. Perdona la mia “lettura” del tuo malessere, ma sei per me un grande stimolo e sono certa di non essere sola. Un abbraccio.

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  5. Grazie a te perché mi sento anche io meno sola a leggere le tue parole. La condivisione è l’unica opportunità che non dobbiamo lasciarci sfuggire. Un abbraccio

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