Pronto soccorso in tempo di Covid

Il 10 novembre 2021 scrivevo queste poche righe per ricordare a me stessa di approfondire quello che avevo in testa:

“Forse è iniziata una nuova fase senza che nemmeno me ne accorgessi. Ho solo voglia di pensare a qualsiasi cosa che non sia il cancro. Forse non ho più nulla da dire al riguardo, o forse è solo una fase, una lunga fase che mi porterà altrove”.

Oggi è il 13 novembre 2021 e mi sento come se una scarica di corrente elettrica avesse attraversato il mio corpo.

Sono ritornata indietro di tre anni, a quel fatidico 21 dicembre 2018, giorno in cui ho scoperto di avere una metastasi cerebrale.

Quanta strada ho percorso, quanti ostacoli ho trovato davanti a me, ma in un modo o nell’altro li ho superati. Talvolta li ho superati con un balzo deciso, ma altre volte ho dovuto scalarli con fatica e sudore.

Non tornerei indietro, non rifarei l’intervento all’encefalo, la radioterapia, le chemio… Non vorrei perdere ancora i capelli, né vedere una cicatrice solcare la parte destra della mia testa. Ora è ancora là, ma è guarita, è solo un segno coperto dai capelli che fortunatamente sono ricresciuti. Non riuscirei più a sopportare i dolori, le lunghe ore distesa, le notti insonni, i farmaci e gli effetti collaterali, gli infermieri maleducati, le notti senza assistenza in ospedale… Sono codarda perché se mi proponessero ora un altro intervento all’encefalo direi: “no!”. Poi acquisterei un biglietto aereo per qualsiasi città europea perché non ho il passaporto e mi mancherebbe la pazienza per farlo altrimenti andrei in Belize!

Insomma scapperei!

No, questa volta non ho la forza e nemmeno la voglia di affrontare tutto questo ancora.

Per un attimo la terra ha tremato e non ho più riconosciuto il mio corpo. Ho perso la sensibilità della mano sinistra, ero al lavoro e il mio corpo rispondeva a quello che la mente gli chiedeva di fare, ma io non lo sentivo, era come se quel corpo non fosse il mio. Mi sono detta: “stai calma, passerà, sei solo un po’ in ansia!”.

Invece non era ansia e non è bastata la forza di volontà a cui faccio sempre appello. Dopo circa dieci minuti la mano ha riacquistato sensibilità, ma le parole si sono inceppate e la lingua era così pesante… Era chiaro quello che volevo dire, i pensieri erano lucidi, ma le parole erano pesanti, difficili da pronunciare. Riuscivo a farmi capire, ero cosciente ma le mie labbra percorrevano altre strade, non quella che io volevo imboccare. Provavo rabbia e mi veniva da piangere, a stento trattenevo le lacrime.

Per un’ora sono rimasta stordita, come se il mio corpo avesse esaurito le energie.

Sono andata in pronto soccorso, mi hanno visitato immediatamente e sono rimasta là fino al giorno seguente.

Il momento di emergenza è passato ed ora come sempre arriva il peggio per me: una finestra di convalescenza senza andare al lavoro, senza poter guidare, senza parlare con le persone, confrontarmi, sei giorni sola con le mie paure, le gioie, i ricordi, i progetti…

Questa è la parte più dura, quella in cui i pensieri si accavallano, quella in cui rimboccarsi le maniche e ricominciare.

Cazzo se è dura riconnettersi col mondo!

Lascia un commento